“Ci sono film che non si vedono su di uno schermo. Ci sono scene che sei obbligato a vivere e sulle quali non puoi chiudere gli occhi. Che ti porti dentro e che riaffiorano nei momenti di quiete, oppure, portate da una scintilla casuale. Ogni vita per miserevole che sia è l'unico vero film del quale saremo mai attori e registi. Nel quale non sempre riusciremo a decidere ruoli e finali ma che porteremo sempre con noi, impresso nella memoria più profonda, unica ed esclusiva. Nessuno potrà interpretarci né leggerci bene quanto potremo fare noi stessi che siamo i soli ad avere la visione più ampia e totale delle cose. Il nostro pianto, il nostro dolore, rimangono incisi più a fondo di qualunque altra gioia perché è solo da questi che può nascere la forza di reagire. La nostra carezza più intima sarà il ripercorrere questi fatti scandalosi o tragici con la tenerezza di chi segue fatti destinati ad essere, con la sola certezza che siano inevitabili. Essere per continuare ad essere.”

domenica 17 aprile 2016

Lo chiamavano Jeeg Robot


Di Gabriele Mainetti
Italia, 2015
Enzo Ceccotti è un criminale da strapazzo, senza famiglia e senza amici, dedito solo al budino alla vaniglia,  fino a quando non cade nel Tevere esponendosi, senza saperlo a delle misteriose radiazioni che gli conferiscono una forza sovrumana. La sua vita cambia, lentamente, incrociando il destino di Alessia, dello “Zingaro” e la sua Gang.
Che Gabriele Mainetti sia parte di quella generazione che Jeeg Robot lo ha visto inedito in tv, ogni pomeriggio da bambino, che abbia visto “Leon” ed “Arancia Meccanica” è fuori discussione, così come è chiaro che dirigendo Claudio Santamaria e Luca Marinelli non abbia sbagliato cast…ma che la sua sia un’opera prima da manuale, che il suo script non abbia momenti dubbi né veda una regia stanca, mai, conferma “Lo chiamavano Jeeg Robot” uno fra i film più intelligenti e soddisfacenti della stagione. Dotato di un ritmo incalzante che richiama il miglior “Frantic” con scene in equilibrio fra “Suburra” e “Gomorra”, ugualmente spietato ed efferato in più di una sequenza, non dimentica nemmeno per un momento di parlare di personaggi dal forte lato umano; dal protagonista fino all’ultima comparsa, ognuno mostra un carattere ben delineato che lo rende il piccolo centro di un universo di miseria. Tutti co-attori di una guerra tra poveri in cui la rincorsa alla celebrità nasce da una comparsata in televisione; la vera tragedia che sconvolge vite e menti facendo emergere le più recondite follie sanguinarie. Finalmente un eroe vero, così autentico da non aver bisogno di tuta né  mantello per desiderare di essere salvati da un abbraccio di disperazione che culmina nel compimento del proprio destino, al servizio di quella “gente” e di quel mondo che lo avevano rinchiuso tra quattro pareti luride. Non è mai troppo tardi per la vita né per l’amore ma l’eroe, si sa, non ha appello e come nella migliore delle tradizioni compie il suo destino vegliando la città dall’alto, tornando a quella stessa solitudine che l’ha visto protagonista.
La capacità di trasporre il Giappone post-nucleare di Go-Nagai in una Roma decadente, fatta di violenza alla luce del sole, esula dal rendere il panorama troppo partigiano e se un romano può apprezzare qualche chicca ambientale e linguistica in più, la storia si eleva al di sopra delle parti diventando un grido universale di rivincita verso un mondo che non può finire così.
Da un lato un Claudio Santamaria che recita col cuore in mano, mortificato nel fisico da un sovrappeso considerevole che lo rende eccellente nella sua essenza d’attore, dall’altro Luca Marinelli che ci aveva preparati a personaggi costruiti in maniera maniacale ma mai così perfetti nella loro istrionica detonazione. Begli attori, buon ritmo per un obbiettivo che non si poteva fallire: l’eroe per eccellenza, consacrato dentro e fuori lo schermo.
“Un’emozione da poco” reinterpretata da Marinelli è la perfetta espressione grottesca della follia mistificata in un momento di alto cinema altalenante tra il serio e il faceto. Altri momenti musicali rendono giustizia alla musica leggera italiana esplodendo qua e là con tutta la normalità consentita ad una scampagnata tra amici.

Imperdibile.

2 commenti:

  1. Sembra davvero imperdibile. Non mancherò.
    Sono sempre coinvolgenti le tue recensioni.

    Ciao Maggie,
    Elena

    RispondiElimina
  2. Visto ieri con la famiglia. Romanzo Criminale e Gomorra riletti in una chiave per cui l'intelligenza e l'umanità vera e profonda recuperata da un legittimo sogno di infanzia, finalmente soppiantano uno sguardo troppo indulgente e benevolo per il malandrino efferato di turno delle acclamate serie TV.
    Mi ha colpito, profondamente. Bellissime, e toccanti le interpretazioni.

    RispondiElimina