“Ci sono film che non si vedono su di uno schermo. Ci sono scene che sei obbligato a vivere e sulle quali non puoi chiudere gli occhi. Che ti porti dentro e che riaffiorano nei momenti di quiete, oppure, portate da una scintilla casuale. Ogni vita per miserevole che sia è l'unico vero film del quale saremo mai attori e registi. Nel quale non sempre riusciremo a decidere ruoli e finali ma che porteremo sempre con noi, impresso nella memoria più profonda, unica ed esclusiva. Nessuno potrà interpretarci né leggerci bene quanto potremo fare noi stessi che siamo i soli ad avere la visione più ampia e totale delle cose. Il nostro pianto, il nostro dolore, rimangono incisi più a fondo di qualunque altra gioia perché è solo da questi che può nascere la forza di reagire. La nostra carezza più intima sarà il ripercorrere questi fatti scandalosi o tragici con la tenerezza di chi segue fatti destinati ad essere, con la sola certezza che siano inevitabili. Essere per continuare ad essere.”

lunedì 14 aprile 2014

Io sono Li


Italia, 2011
Di Andrea Segre
Li è un’operaia cinese strangolata dalla mafia e manipolata come una pedina, spostata sul territorio italiano dove serve, mutevole e camaleontica su richiesta dei suoi “padroni”. Lavora come un’operosa formica per pagare il suo debito e riabbracciare il figlio. La scena dominante si sposta a Venezia, tra le sue calli nebbiose e desolate, umide, fredde, apatiche. Un non luogo sul quale affaccia il bar che Li va a gestire, tradotto in realtà come una taverna d’altri tempi, punto d’accumulazione di personaggi che vivono e muoiono lì dentro in attesa che il tempo scorra e il vino scadi le loro vene.
Li non riesce ad esercitare il distacco che le viene imposto e cerca un po’ di umanità nei rapporti distaccati coi clienti, fuori dalle quattro mura che condivide con una compagna con la quale parla poco ma condivide la schiavitù. Incontra “il poeta” che non le chiede nulla ma col quale alimenta giorno dopo giorno, sguardo dopo sguardo, un rapporto tenero ed innocente, in cui due solitudini totali comunicano alla ricerca di umanità. Scoperta ancora una volta dai suoi aguzzini sarà trasferita da un giorno all’altro e il rapporto reciso come un fiore. La distanza ucciderà tutto: sentimenti, persone, leggerezza in un appiattimento verso la disumanizzazione imposta. Ma il cuore batte nonostante l’oppressione e Li potrà realizzare il suo sogno seppur a caro prezzo.
Un film semplice, tracciato con poche battute e molti sentimenti, girato da un italiano, in un Veneto che anticipa di qualche anno le necessità secessioniste, con un sorprendente risultato che lo avvicina in modo potente alle atmosfere della migliore cinematografia cinese.
Interpreti intensi ai quali visi scolpiti nella pietra e levigati dalla salsedine della laguna è affidato il duro compito di trasmettere un empatico senso di oppressione e al tempo stesso di rivoluzione. Compito assolto doverosamente, sul quale regna sovrano il più profondo dei sentimenti: l’amore materno che va oltre ogni umana consapevolezza.
Andrea Segre, regista di documentari, firma per la prima volta questo lungometraggio che arriva diretto al cuore in un lento percorso evolutivo che nei suoi 98’ scioglie anche i cuori più duri.
Bellissima Tao Zhao nella sua interpretazione asciutta e sensibile, concentrata nel profondo sguardo materno. Rade Serbedzija la affianca dando vita ad un personaggio disperatamente umano.

Intenso